Home | Nutrizione | Carenza di vitamina D e depressione: si è trovato un legame

Carenza di vitamina D e depressione: si è trovato un legame

Anche l’alimentazione e gli stili di vita potrebbero correlarsi alla depressione. A parte ciò, è stato trovato un legame tra elevate carenze di vitamina D e depressione. Ed è di questo che ora parleremo.

La depressione

La depressione colpisce oggi molte più persone rispetto al passato. Secondo alcune stime, ad un certo punto della loro vita la depressione maggiore colpisce circa il 20% delle persone [1].

Benché sia noto che questa malattia è collegata a dei ridotti livelli di alcuni neurotrasmettitori nel cervello, la causa della depressione è ancora sconosciuta.

Alcune evidenze scientifiche indicherebbero che le abitudini alimentari e gli stili di vita possano giocare un ruolo nello sviluppo della depressione e che forse la depressione ha una predisposizione di tipo ormonale e dipendente anche fattori genetici.

E’ stato anche trovato un legame tra un’elevata carenza di vitamina D è questo disturbo [23456]

La depressione clinica

Il disturbo depressivo maggiore – o depressione clinica, depressione maggiore, depressione unipolare, disturbo unipolare – è una patologia psichiatrica: un disturbo dell’umore caratterizzato da episodi di umore depresso e di perdita di interesse, dall’alternanza di periodi di benessere e fasi di riacutizzazione dei sintomi depressivi che tendono ad attenuarsi spontaneamente per poi ricomparire.

A soffrirne maggiormente sono le persone adulte, soprattutto le donne.
L’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) ha stabilito precisi criteri per una diagnosi di questo disturbo depressivo che non va confuso col fatto di essere a volte «depressi, demoralizzati, giù di corda » come nel quotidiano a volte si usa dire.

Le ricerche sull’efficacia delle vitamina D sulla depressione

Sul tema vitamina D e depressione, in passato numerosi studi randomizzati controllati hanno esaminato gli effetti sull’umore e sui sintomi depressivi derivanti dall’assunzione di integratori di vitamina D. Anche recentemente, alcune ricerche hanno studiato come gli integratori di vitamina D incidano sui i sintomi depressivi. Ecco una sintesi dei risultati a cui sono via via pervenuti nel corso degli anni:

  • 1999: l’assunzione di una dose di 100.000 UI di vitamina D, migliora la depressione nelle persone con disturbo affettivo stagionale [7].
  • 2008: integrando la dieta con 20.000 UI o 40.000 UI di vitamina D per un anno, si ha una riduzione dei sintomi della depressione nelle persone in sovrappeso e obese [9].
  • 2011: una singola dose di 500.000 UI di vitamina D, ogni anno per 3-5 anni, non ha effetti significativi sull’umore nelle donne anziane [10].
  • 2013: integrando la dieta con con 1.500 IU di vitamina D al giorno, per 8 settimane, si hanno effetti benefici sui sintomi depressivi nei pazienti con disturbo depressivo maggiore [11].
  • 2014: secondo una meta-analisi di studi randomizzati e controllati integrando la dieta con più di 800 UI di vitamina D al giorno, giova un po’ nel trattamento della depressione [12].

La ragione per cui l’assunzione di integratori con vitamina D può essere in grado di migliorare uno stato di depressione non è tuttavia del tutto chiara. Questa vitamina può potenzialmente influenzare i livelli di neurotrasmettitori nel cervello e può ridurre l’infiammazione e favorire la crescita dei nervi [11].

I risultati di uno studio sui benefici della vitamina D nella depressione

La depressione è un disturbo dell’umore che può manifestarsi con diversi livelli di gravità. Il disturbo depressivo maggiore è costituito da una grave forma di depressione, caratterizzato da forti sentimenti di tristezza e di perdita di interesse per la vita.

Nelle persone col disturbo depressivo maggiore questi sentimenti possono essere così persistenti e pervasivi da interferire significativamente con le attività della loro vita quotidiana.

Una recente ricerca iraniana ha esaminato per otto settimane l’azione della vitamina D su alcuni pazienti colpiti da disturbi depressivi.

  1. Questo studio, randomizzato e controllato, ha preso in esame (in particolare) come gli integratori di vitamina D possano incidere sui sintomi del disturbo depressivo maggiore.
  2. Quaranta persone di età compresa tra i 18 ed i 65 anni avevano partecipato a questa sperimentazione. Il loro tasso di abbandono era stato basso: solo il 10%.
  3. Tutti i partecipanti soffrivano di una depressione moderata (secondo la scala Hamilton Depression Rating) e tutti questi soggetti erano carenti di vitamina D con livelli di circa meno di 20 mg / L.

I partecipanti erano stati divisi in modo casuale in,

  • un gruppo “vitamina D”:  a costoro erano state somministrate 50.000 UI di vitamina D in capsule, ogni settimana per due mesi;
  • un gruppo “placebo”: a questi, ogni settimana veniva data una capsula placebo non contenente vitamina D.

Era stata valutata la depressione di tutti partecipanti sia all’inizio sia al termine della ricerca utilizzando il questionario previsto dal Beck Depression Inventory (BDI) per l’autovalutazione dei sintomi depressivi (consistente di 21 gruppi di affermazioni).

I ricercatori avevano anche prelevato dei campioni di sangue e misurato lo zucchero nel sangue a digiuno, l’insulina, i lipidi nel sangue, proteina C-reattiva ad alta sensibilità(hs-CRP) e lo stress ossidativo. Al termine della ricerca avevano rilevato che,

  • l’integrazione di vitamina D aveva ridotto i sintomi della depressione del 32%;
  • un’integrazione con vitamina D aveva ridotto i livelli di insulina a digiuno del 28%;
  • la vitamina D aveva portato ad un aumento di antiossidanti nel sangue.

Tuttavia questi risultati non trovano conferme in precedenti studi. Ad esempio, in precedenza era stato rilevato che gli integratori di vitamina D non avevano influenzato lo stress ossidativo nelle donne in gravidanza affette da diabete o negli adulti con steatosi epatica non-alcolica.

Ne consegue che questi risultati non possono essere generalizzati a tutte le persone affette da depressione. Ma non solo: poiché i soggetti esaminati dallo studio non erano rimasti per molto tempo esposti al sole, e poiché all’inizio della ricerca erano tutti carenti di vitamina D, è probabile che dall’assunzione di integratori di vitamina D possano trarre benefici solo coloro che ne sono carenti.

Conclusioni circa le carenze di vitamina D e la depressione

Per prima cosa occorre permettere che – allo stato –  occorre affermare il disturbo depressivo maggiore non migliora significativamente senza l’intervento medico e senza far ricorso ad opportuni trattamenti terapeutici.

Secondo lo studio sopra richiamato, l’assunzione di circa 50.000 UI di vitamina D a settimana o di circa 7.000 UI al giorno può migliorare i sintomi depressivi.

Tuttavia sono necessari ulteriori studi al riguardo in quanto i soggetti valutati da questi ricercatori, inizialmente erano soggetti  “vitamina D-carenti”, il che potrebbe – in linea teorica – anche significare che gli integratori di vitamina D siano inefficaci in coloro che già ne assumono a sufficienza in via ordinaria.

Soffri di depressione?

Se pensi di soffrire di depressione o di pensi di esserne predisposto ti consigliamo di consultare subito il tuo medico curante o eventualmente uno psicoterapeuta.

Come abbiamo detto all’inizio di questo articolo, nell’arco della loro vita il 20% delle persone ha almeno un periodo di depressione.

Se fosse il tuo caso è nel tuo interesse uscirne prima possibile o, ancor meglio, prevenirla magari con cambiamenti negli stili di vita e nell’alimentazione.

Il tuo un medico potrebbe anche raccomandarti di integrare la tua alimentazione con un integratore di vitamina D, specialmente nel caso tu fossi carente di questa vitamina.

Alcuni prodotti che potrebbero interessarti

Nel caso fosti interessato, ti indichiamo alcuni prodotti a base di vitamine acquistabili online, che potrebbero esserti utili.

Fonti

[1] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15939837

[2] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25377365

[3] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22033249

[4] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23308099

[5] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16850115

[6] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18458202

[7] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10888476

[9] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10888476

[10] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21525520

[11] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23093054

[12] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24732019

[13] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18579197

[14] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20600462

[15] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20800506

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto